Giacomo Bulgarelli era scomparso cinque anni fa dal mondo del calcio, lui che c'era sempre stato. Regista di rara classe, compassato, era stato il condottiero del Bologna che nel 1964, giocando "come solo in Paradiso", aveva vinto lo scudetto.
Non aveva mai voluto cambiare moglia, nonostante le insistenze di Milan e Inter. I rossoneri volevano farlo duettare con Rivera, una volta lo avevano quasi convinto. Poi la moglie gli disse: "Andare via da Bologna per abitare a Milano? Non se ne parla". Da qui la battuta, una delle tante: "La vera bandiera del Bologna è lei, mica io".
Ora la città è in lutto, i tifosi vorrebbero dedicargli lo stadio Dall'Ara. Sarebbe il minimo.
Dalla Nazionale non ebbe quello che avrebbe meritato. C'era Mazzola, c'era Rivera. Poco spazio. Più che altro, c'era stata la Corea nel '66. Il ct Fabbri non poteva farne a meno, Bulgarelli fu spedito in campo mezzo infortunato, il ginocchio fece crac. Al tempo non c'erano sostituzioni e l'Italia giocò in 10 . Perdendo. Fu un'onta che con Bulgarelli c'entrava ben poco, ma tutti - chi più chi meno - pagarono quel disastro con l'ostracismo.
Quelli della mia generazione, il Bulgarelli calciatore non lo possono ricordare. Ma il Bulgarelli televisivo sì. E lo ricordano, lo ricorderanno sempre con affetto.
E' stato uno dei più simpatici. Uno dei pochi a scherzare. Il solo, forse, con Eraldo Pecci (un altro che infatti trova sempre meno spazio). La coppia con Massimo Caputi, nata a Telemontecarlo, si rivelò così riuscita che furono loro a fare le telecronache, con frasi campionate "indimenticabili" e spesso involontariamente comiche, per le prime edizioni del videogame calcistico Fifa.
Un vero e proprio happening: non si giocava tanto per vincere, ma più che altro per la sigla iniziale (ad esempio Song 2 dei Blur) e per ascoltare la frase di Bulgarelli (il più eclettico dei due) che il computer - in maniera non necessariamente ragionata - avrebbe scelto dopo un gol, un fallo, un fuorigioco.
Bulgarelli riusciva quasi sempre a prendere le distanze dal caciarume italiota, dall'italianismo becero: dal tifo smodato. Inciampò solo una volta, fu anche l'ultima che lo ascoltai in tivù. Ancora Corea, stavolta del Sud. Evidentemente non gli portavano fortuna. Era l'anno dei Mondiali, quelli del 2002, Paolo Rossi non era più un ragazzo come noi e Bulgarelli non era più a Tmc ma alla Rai. Con Bruno Pizzul, altro signore d'altri tempi, solitamente compassato. Quella volta, di fronte agli errori del cartoonesco direttore di gara Byron Moreno, persero pure loro l'equilibrio, cadendo nella sindrome del complottismo. Fu, forse, la loro peggiore telecronaca.
A ripensarci oggi, c'è da capirli: entrambi sapevano che non avrebbero commentato altri Mondiali, che stavano arrivando nuove leve di telecronisti urlatori: volevano essere loro gli eredi naturali e definitivi del triplo "Campioni del Mondo" di Nando Martellini. E sarebbe stato anche giusto. Ma quella nazionale, quel Trapattoni, quei giocatori, di giusto avevano pochissimo. E pure quella (e questa) tivù.
E' ormai l'era degli speaker esagitati, delle iperboli insistite, dei commentatori sempre scontati e mai coraggiosi. Un'era che non contemplava più un'ugola buffa, competente e libera come quella di Bulgarelli. Che, con discrezione, se n'è andato. Lasciando un abbecedario di assist vincenti, frasi gentili e quella voce felsinea che rendeva irrinunciabile persino un gol delle Isole Tonga alla Playstation.
Come scriverebbe, e probabilmente scriverà domani Gianni Mura: ti sia lieve la Terra, Campione Garbato.
La stampa.it
Credo che stasera tirerò fuori dalla polvere il vecchio FIFA 2003 della play 2.
ciao Giacomo
